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506 | le confessioni d’un ottuagenario. |
renti dei fatti, che una ragione solo sommove, spinge ed acqueta quest’umanità varia ed immensa; per provare ancora una volta colla costanza de’ miei affetti, che essi tendono ad un’esistenza più vasta, ad un contentamento più libero e pieno, che non si possa ottenere in questa fase umana dell’esser nostro. Perchè se così non fosse, Carlo, io sarei ben pazzo ad amare chi mi affligge e mi disprezza: ma un’intima coscienza mi assicura che non sono pazzo per nulla, e che il mio giudizio è tanto retto, tanto imparziale, come può esserlo quello d’altr’uomo al mondo.
— Ascoltatemi, com’è che non vi udii mai nè stupirvi nè sdegnarvi, per l’incredibile cambiamento della Clara a vostro riguardo? Gli è già un pezzo che voleva chiedervene: ma mi sembra caso anche più maraviglioso della stessa pertinacia dell’amor vostro.
— Com’è che non me ne stupii, e non ne ebbi sdegno? È piano il chiarirtelo. La Clara aveva l’anima disposta alle sublimi illusioni, e non poteva maravigliare di vedermela sfuggire per quella via, massime che io, svagato da diversi pensieri, mi era abbandonato ad una stupida sicurezza. Le donne ci possono fuggire per di sotto; allora è facile racquistarle, ed è la disgrazia più comune, e il pericolo generalmente temuto. Io che mi sentiva certo da quella parte, non pensai all’altra. Guai guai quand’elle ci sfuggono per di sopra!... L’inseguirle è inutile, richiamarle è vano; nessun piacere è più grande della voluttà dei sacrifizii, nessun ragionamento vince la fede, nessuna pietà le distoglie dalla considerazione assoluta delle cose eterne!... E le donne, vedete, hanno maggior facilità di noi a vivere, direi quasi, oltre la vita. Come medico, io ebbi occasione di convincermi che nessun uomo, per quanto forte e sventurato, uguaglia una misera donnicciuola nell’indifferenza della morte. Sembra ch’esse abbiano più chiaro di noi il presentimento d’una vita futura. Quanto