Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/506

498 le confessioni d’un ottuagenario.

luto aggiungere che così era comandato, perchè appunto la ragione l’ordine sociale, e la coscienza inducevano la necessità di quei comandamenti; desiderava insomma che la volontà di Dio fosse loro dimostrata, oltrechè nelle parole della rivelazione, anche nelle leggi e nelle necessità morali, che regolano la coscienza degli individui e la pubblica giustizia.

Così, se anche una contraria educazione li privava dei sostegni della fede, essi restavano sempre uomini, soggetti ad una legge ragionevole ed umana; mentre una volta che fossero alieni dalla religione, così com’erano sudditi a’ suoi precetti unicamente per paura, la loro coscienza rimaneva senza alcun lume, e nullo affatto il valor morale dell’animo. L’Aquilina non voleva sentire da quest’orecchio. Secondo lei era un sacrilegio solo il supporre che i suoi figliuoli potessero apostatar col pensiero dalla religione in cui li educava; e se erano tanto tristi e sfortunati da cadere nell’abisso dell’incredulità, non valeva la pena di arrestarli a metà strada. Perdute le loro anime, non le importava nulla che la società avesse dalle loro azioni giovamento o danno. Era egoista non solamente in sè, ma anche a nome loro.

A mio credere invece, anche nel giusto giudizio dei credenti, questo era un cattivo sistema e alieno affatto dai divini precetti. Prima di tutto la natura, interprete di Dio, ci pose nell’animo di preferire il minor male al più grande, e poi l’istinto della compassione ci obbliga ad ogni accorgimento, perchè la felicità dei nostri simili sia tutelata piucchè è possibile contro le soperchierie dei malvagi. Ora il nuocere insieme all’anima propria colla miscredenza, e alla sorte altrui colle azioni, è certo cosa assai peggiore e dannosa all’ordine sociale, che non il mantenersi ligi colle opere alle leggi morali e solamente peccare in difetto d’opinioni religiose. Preparar dunque gli animi dei fanciulli in