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488 le confessioni d’un ottuagenario.

teggiare. Come durante la guerra si avea menato dei Turchi una strage inesorabile, nè si badava alle delicature e ai mezzi termini dei Fanarioti; così, conquistata coll’indipendenza la pace, per assicurare al popolo quella vita calma ed ordinata che sola può render utile l’acquisto della libertà ed assicurarne per sempre l’esercizio, bisognava rintuzzare ogni causa d’inquietudine, e ridurre all’obbedienza quei poteri secondari che avevano cooperato validamente al buon esito della guerra, ma che allora inceppavano con assai danno l’azione del governo. Avevano arrischiato la vita sul campo per la salute della patria? Per l’egual ragione dovevano accontentarsi di perderla anche sul patibolo, se non si sentivano in grado di correggersi dalle loro turbolente abitudini. Logica più inesorabile di questa non si potrà trovare così facilmente; ma i ragionamenti senza pietà non possono vantarsi di esser perfetti secondo la logica umana, ed io li ascoltava con raccapriccio.

Del resto Luciano era così affettuoso, così compito con me, che quelle sue ciarle le attribuiva a vaghezza di contraddizione. Un giovane di ventiquattr’anni non poteva aver fitta in capo la logica di Cromwell e di Richelieu. Quanto al conte Capodistria mi parve un uomo contento discretamente di sè e più furbo che cattivo: non credo, come dice il suo manifesto, che soltanto per la gloria di Dio e pel vantaggio dei Greci egli avesse fatto violenza a se stesso per accettare la presidenza del governo, ma non credo del pari ch’egli aspirasse a farsi tiranno come Pisistrato. Serviva forse gli interessi della Russia, perchè la Russia più che ogni altra potenza aveva mire grandiose riguardo alla Grecia, e dalla comunanza di religione e di odio era portata a favorirla. Se egli avversò l’assunzione al trono di Leopoldo di Coburgo, candidato dell’Inghilterra, io non vi veggo delitto di sorta. Se tra l’Inghilterra e la