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478 | le confessioni d’un ottuagenario. |
l’un per cento di quello che sembrasse nelle parole. Luciano rideva de’ miei sospetti, soggiungendo, che se io lo tacciava di romanticismo, era ben più degno a scusabile l’esser romantici nei fatti, che nei sospiri e nella capigliatura.
— Non frignerò romanze, nè mi tingerò le guance della preoccupazione del suicidio, come d’un cosmetico di moda — rispondeva egli. — Diventerò invece l’eroe di qualche ballata, e le donne d’Argo e d’Atene ricorderanno il mio nome insieme a quelli di Rigas e di Botzaris. Sarà un romanticismo utile a qualche cosa. S’aggiunga poi ch’io ho diciott’anni, e che una volta o l’altra, lo sapete bene, converrebbe che me ne andassi. Colla mia indole non consentirò mai a farmi soldato, nè a comperare un altr’uomo che paghi il mio debito all’infelicità dei tempi. —
Che volete ch’io soggiungessi?... Lo lasciai dunque partire; e lo raccomandai caldamente a Spiro che si trovava allora a Missolungi, dichiarandogli anche il giudizio ch’io faceva del temperamento di Luciano, e l’instabilità e gli altri pericoli che ne temeva. Mia moglie non pianse nè si disperò punto; solamente mi rimbrottò per tre o quattro mesi della poca padronanza ch’io sapeva conservare sull’animo dei figli; ma intanto venivano dalla Grecia ottime notizie; essendosi rifiutato di comune consenso la divisione della Grecia in tre ospodariati, proposta dallo Czar Alessandro, la guerra era scoppiata più feroce ed accanita che mai. Il quarto esercito mussulmano si squaglia come neve al sole sul suolo ardente del Peloponneso. Luciano coi suoi cugini, Demetrio e Teodoro, ha l’onore d’esser ricordato in un bollettino pel suo maraviglioso coraggio. Spiro me ne scrisse mirabilia, e Niceta, quello che fu cognominato il Mangia–Turchi, lo propose come modello alla sua legione nella quale ebbe grado di capitano.
Tutta Europa applaudiva all’eroiche vittorie della Grecia: