Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
capitolo ventesimoprimo. | 475 |
scapestrataggini, domani sarà Dio sa che cosa! E tutto per avergli detto bravo, per avergli lasciato le redini sul collo!
— Scusami — soggiungeva io — ma quelle idee generose non bisognava soffocargliele come fossero vituperi. E tu stessa ve lo avevi mirabilmente preparato, col formargli un temperamento animoso e robusto.
— Sì, sì, io m’era ingegnata di allevarlo con buoni principii, ma non già perchè tu ne abusassi col lasciargliene tirare cotali conseguenze.
— Le conseguenze, ben mio, procedono dritte dritte dalle cause.
— Massime peraltro quando trovano aiuti che le indirizzino.
— Sai cosa ho da dire? Che se dalle tre cause fossero venute quelle conseguenze che sperava io, ne avrei proprio picchiato le mani dal gran gusto!
— Segno che hai sperato male, e che malamente hai aiutato le tue speranze! Vedi a che belle conseguenze siamo venuti! Tu ti ammazzi allo scrittoio, il nostro figliuolo più tenerello ci sta anch’egli notte e giorno come un martire, il maggiore invece, l’eroe, batte i bordelli e le taverne!
— Eh diavolo! Che ce ne ho colpa io? Al postutto mi ricordo esser stato giovine.
— Ed io se avessi speso così brutalmente la mia gioventù mi vergognerei di ricordarmene.
— Io ti dico che è un riscaldo e che si ravvederà.
— Io ti torno a ripetere che è una malattia, che si farà cronica se non attendi a rimediarvi presto. —
Così si altercava fra di noi. Luciano intanto stava fuori di casa le notti intere, e se lo si rimproverava faceva peggio, e tirava calci come un puledro che non vuol essere