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ste, coperte dell’antico cappuccio marinaresco o della guerresca celata, sporgessero per l’ultima volta da quei mille trafori i loro vacui sguardi di fantasma; poi un sibilo d’aria veniva pel mare che somigliava un lamento. Vi assicuro che tremai; e sì ch’io odiava l’aristocrazia, e sperava dal suo sterminio il trionfo della libertà e della giustizia. Non c’è caso; vedere le grandi cose adombrarsi nel passato e scomparire per sempre, è una grave e inesprimibile mestizia. Ma quanto più son grandi queste cose umane, tanto più esse resistono anche colle compagini fiacche e inanimate all’alito distruttore del tempo; finché sopraggiunga quel piccolo urto che polverizza il cadavere, e gli toglie le apparenze e perfin la memoria della vita. Chi s’accorse della caduta dell’impero d’Occidente con Romolo Augustolo? — Egli era caduto coll’abdicazione di Diocleziano. — Chi notò nel 1806 la fine del Sacro Romano Impero di Germania? — Egli era scomparso dalla vista dei popoli coll’abdicazione di Carlo V. — Chi pianse all’ingresso dei Francesi in Venezia la rovina d’una grande Repubblica, erede della civiltà e della sapienza romana, e mediatrice della cristianità per tutto il Medio Evo? — Essa si era tolta volontariamente all’attenzione del mondo dopo l’abdicazione di Foscari. Le abdicazioni seguono il tracollo degli Stati; perché il pilota nè abbandona, nè è costretto ad abbandonare il timone d’una nave, che sia guernita d’ogni sua manovra e di ciurme esperte e disciplinate. Le disperazioni, gli abbattimenti, l’indifferenza, la sfiducia precedono di poco lo sfasciarsi e il naufragio. Io volsi dunque gli occhi al palazzo ducale, e tremai. Perché non distruggere quella mole superba e misteriosa, allora che l’ultimo spirito che la animava si perdeva per l’aria?... In quei marmi rigidi, eterni, io presentiva più che una memoria un rimorso. E intanto vedeva più in giù sulla riva i fedeli Schiavoni, che mesti e silenziosi s’imbarcavano; forse le