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432 le confessioni d’un ottuagenario.

campo e dal fuoco delle battaglie, mi sembra che il secolo di Leonida non sia ancora passato. Spiro parla sovente di te anch’esso, e mi dice di pregarti che tu mandi in Grecia uno o ambidue i tuoi figli se vuoi farne degli uomini. Qui un ragazzo di sedici anni non è più giovinetto ma un nemico dei Turchi, che può avvicinarsi a nuoto ad un loro legno ed incendiarlo. Mandaci, mandaci il tuo Luciano, ed anche se vuoi Donato. Persuadi l’Aquilina che vivere senz’anima non è vivere; e che morire per una causa santa e sublime deve sembrare una sorte invidiabile alle madri cristiane. Ieri fu la seconda radunanza dei deputati della Grecia fra i cedri dell’Astros. Ipsilanti, Ulisse, Maurocordato, Colocotroni!... Son nomi d’eroi, che fanno dimenticare Milziade, Aristide, Cimone e gli altri antichi di cui la memoria rivive qui nelle opere dei pronipoti. Io lo ripeto, Carlo — bada a tua sorella che non può darti un consiglio snaturato. Mandaci i tuoi figli, e per essere buoni italiani converrà si facciano un pochettino Greci; e allora vedremo quello che non si vide finora. — Se sei ancora a Londra e se hai teco la Pisana, salutami lei e il D. Lucilio Vianello, che stimo ed amo per fama. Abbiamo qui un alfiere di vascello napoletano, Arrigo Martelli, che dice di averti conosciuto, e doverti assai fino dal tempo della rivoluzione francese. Egli pure si raccomanda che ti ricordi a lui, e di parteciparti che suo fratello è partito per l’America del Sud, ove si faceva grande richiesta di buoni ingegneri.

Addio, mio Carlo!... Bada a star forte nelle tue infermità, e se ti permettono un viaggio, vieni anche tu fra noi!... Oh che bel sogno!... Vieni, che sarai benedetto da tutti quelli che ti amano!...»

Io son fatto così. Dopochè Lucilio mi lesse quanto sopra, io feci chiamar Luciano, e gli porsi la lettera perchè la leggesse, e attesi intanto alle espressioni che si dipingevano sulla sua maschia ed aperta sembianza. Non era