Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/372

364 le confessioni d’un ottuagenario.

per dar un calcio all’eredità e lasciarlo nelle mani del becchino. Tuttavia l’avarizia la fece star salda, e tanto, che poichè il padrone fu morto convenne liberarle a forza il braccio dalle unghie rabbiose di lui. Apertosi il testamento, ella ebbe una bella somma di danaro in aggiunta a quello che aveva rubato. Seguivano molti legati di messe e di dotazioni di chiese e di conventi; da ultimo coronava l’opera una somma imponente, erogata dal testatore per la costruzione d’un sontuoso campanile vicino alla chiesa di Fratta.

E con ciò egli credette di aver dato l’ultima mano alla pulitura della propria coscienza, e saldati i suoi conti colla giustizia di Dio. Di restituzioni alla famiglia di Fratta non si parlava punto; dovevano essere abbastanza felici i miserabili eredi degli antichi castellani, di deliziarsi nella contemplazione del nuovo campanile. Don Girolamo si accontentava della sua quota che gli rimaneva non tanto piccola dell’eredità, anche dopo tanta dispersione di legati: ma il dottore saltò in mezzo con cause e con cavilli. Il testamento fu inoppugnabile. Ognuno ebbe il suo, e si cominciarono ad accumulare sassi e calcine sul piazzale di Fratta, per dare la richiesta forma di campanile alla postuma beneficenza del defunto sagrestano.

Un’altra notizia stranissima ci diedero a Portogruaro del matrimonio poco tempo prima avvenuto del capitano Sandracca colla vedova dello speziale di Fossalta, ch’era passata a dimorare presso di lui con una sua rendita di sette in ottocento lire. Il Capitano, molestato dalla promessa di celibato fatta alla defunta signora Veronica, ma più ancora dalla miseria che lo stringeva, aveva messo tutto d’accordo componendo di suo capo una parlantina che si proponeva di spifferare alla prima moglie, incontratisi che si fossero in qualche contrada dell’altro mondo. Le dimostrava che non era valida, e non obbligava per nulla un