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capitolo decimottavo. 303

ma solamente al diritto del danaro che è tutt’uno con quello della forza. Che chi ha danaro se lo tenga, lo spenda e ne usi; va bene: ma che con esso si comperi quell’autorità che è dovuta solamente al sapere e alla virtù, questa non la potrò mai digerire. È un difettaccio barbaro ed immorale, del quale deve purgarsi ad ogni costo l’umana natura.

Oh se vedessi ora il castello di Fratta!... Le muraglie sono ancora ritte; la torre s’innalza ancora tra il fogliame dei pioppi e dei salici che circondano le fosse; ma nel resto quale desolazione! Non più gente che va e viene, e cani che abbaiano, e cavalli che nitriscono, e il vecchio Germano che lustra gli schioppi sul ponte, o il signor cancelliere che esce col conte, o i villani che si schierano facendo di cappello alle Contessine! Tutto è solitudine, silenzio, rovina. Il ponte levatoio è caduto fradicio, e hanno empiuto la fossa con carri di rottami e di calcinacci, tolti via dalla casa dell’ortolano che è cascata. L’erba cresce pei cortili, le finestre non solo sono prive d’imposte, ma gli stipiti e i davanzali si sgretolano al gocciolar continuo della pioggia. Si dice che alcuni creditori, o ladri, o che so io, abbiano venduto perfino le travature del granaio; io non ne so nulla; veggo solamente che manca un gran pezzo di tetto e che ci piove e nevica entro, con quanto danno degli appartamenti ve lo potete immaginare!... Marchetto, che è a Teglio per sagrestano e s’è fatto grullo come un cappone, va ancora di tanto in tanto per vecchia abitudine al castello. Egli mi ha raccontato che la signora Veronica è morta, che monsignor Orlando e il Capitano non hanno più che la serva del cappellano, la Giustina, che tenga conto delle robe loro, e prepari il pranzo e la cena. Monsignore sospira perchè non può più bever vino: il Capitano si lamenta perchè ha promesso in articulo mortis alla sua Veronica di non pigliar altra moglie, ed ore c’è a Fos-