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280 | le confessioni d’un ottuagenario. |
a leggerla, che la storia della Cisalpina abbraccia spazio maggiore di tempo che quella della Partenopea? Sarà fors’anco che la virtù e la storia si compiacciono meglio delle grandi e fragorose catastrofi.
Intanto noi eravamo giunti a Genova; io e la Pisana assai maltrattati dal mal di mare, e guariti per sua bontà da ogni altra preoccupazione. Lucilio sempre più cupo e meditabondo, come chi comincia ma non vuol disperare. Le forze a lui gli crescevano secondo i bisogni; e proprio aveva un’anima romana, fatta per comandare anche dagli infimi posti, dono piuttosto comune e fatale agli Italiani, che cagiona molte delle nostre sventure e qualcheduna delle glorie più luttuose. Le società secrete sono un rifugio all’attività sdegnosa, e al talento imperativo di coloro che o sdegnano, o non possono adoperarsi nell’angustissimo spazio concesso dai governi. Da un pezzo m’era accorto che Lucilio apparteneva, forse fin dagli anni d’Università, a qualche setta filosofica d’illuminati o di franchi muratori; ma poi mano a mano m’avvidi che le tendenze filosofiche piegavano al politico, e le combriccole della cessata Cisalpina, e le ultime vicende d’Ancona ne davano indizio. Lucilio teneva dietro con grandissima premura a cotali novelle, e alcune anche talvolta ne prediceva, con maravigliosa aggiustatezza. Fosse avvisato antecedentemente o sincero profeta, nol so: ma propendo a quest’ultima opinione, perchè nè egli usava discorrere di quanto gli veniva comunicato, nè a que’ tempi nella nostra condizione era molto agevole ricever lettere scritte di fresco. A Genova poi non entravano nè fresche nè salate: e le ultime notizie di Venezia le avemmo da un prigioniero tedesco, ch’era stato d’alloggio un mese prima presso il marito della Pisana, forse nella camera stessa del tenente Minato.
Questo signor tenente fu una delle più spiacevoli novità che trovai in Genova: la seconda fu la fame: perchè