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274 LE CONFESSIONI D'UN OTTUAGENARIO.

da perdere. Io conobbi anche la voce di questo, e mormorai ancor più commosso che stupito: — Lucilio!

— Zitto! — soggiunse egli, menandoci ad un canto oscuro dietro la casa, ove tre generosi corridori mordevano il freno. Ci fece montare in sella, e benchè da dodici ore non avessi toccato cibo nè bevanda, non mi accorsi di aver varcato otto leghe in due ore. Le strade erano orribili, la notte scura quanto mai, la Pisana stretta col suo cavallo in mezzo ai nostri pendeva ora a destra ora a sinistra, impedita di cadere solo dalle nostre spalle che se la rimandavano a vicenda. Era la prima volta che montava a cavallo; e di tratto in tratto aveva coraggio di ridere!...

— Mi direte poi con quale stregheria giungeste ad ottener tanto dal signor Mammone! — le chiese Lucilio, che a quanto pare in certa parte di quel mistero ne sapeva quanto me.

— Capperi! — rispose la Pisana parlando come le permetteva lo strabalzar continuo del cavallo. — Egli mi disse che son molto bella; io gli promisi tutto quello che mi domandò; anzi giurai per tutte le medaglie che porta sul cappello. Alle due dopo mezzanotte doveva andarsene ad Andria a ricevere il prezzo della sua generosità! Ah! Ah! (Rideva la sfacciata del suo generoso spergiuro).

— Ah per questo vi stava tanto a cuore di partire prima delle due! Ora capisco! —

Allora toccò a me chiedere schiarimenti su tutto il resto: e seppi come avviati a raggiungermi la Pisana e Lucilio con potenti commendatizie del Carafa, avessero incontrato qualche fuggiasco della banda del Martelli che li avvertì della mia prigionia. Udendo che Mammone dovea giungere l’indomane ad Andria, ve lo aveano preceduto, e là la Pisana avea copiato in parte dalla storia di Giuditta l’astuzia che mi avea salvo dalla forca. Non so fra Mammone ed Oloferne chi fu peggiormente canzonato. Sul far