Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/246

238 le confessioni d’un ottuagenario.

un’archibugiata; egli stese le braccia, e giù come un vero morto. Intanto quelli ch’eran già passati la davano a gambe traverso i cavoli; li ravvisai pei miei compagni, e non li ebbi conosciuti appena, che sul solito muro cominciarono a sorgere altri cappelli, e dietro i cappelli altre teste, e braccia, e gambe, che non finivano più. Ne calava uno e ne sorgevan dieci; una vera invasione, la vera piaga delle locuste che oscuravano l’aria.

— I Napoletani, i Napoletani! — gridavano i miei compagni arrivati sotto al muro, e arrampicandosi frettolosamente su per la scala, in capo alla quale io sedeva.

— Piano! adagio! — rispondeva io. — Se no vi ammazzerete tutti senza aspettare che vi ammazzino essi. —

Infatti la scala con un uomo per ogni gradino cricchiolava come un pero troppo carico di frutta. Io prudentemente mi era ritirato con ambedue le gambe nella stanza, e credeva fare più che non fossi obbligato, col tenerli forniti di buoni consigli.

— Uno alla volta!... Non intralciatevi le gambe gli uni cogli altri!... Non isquassate tanto la scala! —

Tutto in un momento un fischio di qua, un fischio di là, uno scoppio per l’aria come di quattro o cinque saette che s’azzuffassero, e vicino a me uno scotimento tale che mandò in pezzi i cristalli. Sette dei miei colleghi balzarono nella stanza, uno rimase fuori morto, fortuna che fu proprio morto e non ferito; aggiungendosi l’altro ucciso mentre scavalcava il muro si aveva il conto giusto, che eravamo proprio in dieci. Corbezzoli! non v’avea proprio dubbio; le erano state schioppettate e ferme al loro indirizzo!... Sentiva allora per la prima volta l’odor della polvere. A me fece l’effetto d’una convulsione di riso, come di chi l’ha scapolata bella. Peraltro non vorrei giurare che non avessi nulla, proprio nulla di paura: almeno mi si lasci il vanto della sincerità. Tuttavia se ebbi