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226 le confessioni d’un ottuagenario.

gloria, nelle eterne pagine della storia, nell’eloquente grandezza dei monumenti, nella viva gratitudine dei popoli, sempre apparisci sublime, sapiente, regina! A cercarti dentro di noi, intorno a noi, tu ti nascondi talora per vergogna la fronte; ma te la rialza la speranza, e gridi, che delle nazioni del mondo tu sola non moristi mai!

Allora infatti l’Italia era forse ai primordii della sua terza vita; primordii ignari e sconvolti come i primi passi d’un bambino. In Toscana come in Piemonte v’aveva la strana sconcordanza d’un principe che regnava, e d’un general francese che imperava. Parevami proprio vedere i re della Bitinia, della Cappadocia o di Pergamo con Silla, Lucullo, e quegli altri dabbenuomini ai panni. Morivano essi lasciando erede il popolo romano; ma nè Lucullo nè Silla nè i generali francesi di sessant’anni fa avevano scrupolo di prelevare qualche legato... A Firenze trovai il Carafa, ma non l’intera legione che s’era avviata verso Ancona per le rimostranze di neutralità fatte dal Granduca. Il signor Ettore pareva molto pensieroso; io credeva pensasse ai suoi soldati, ma egli si stizzì anzi ch’io glieli avessi recati a mente. Malediceva a denti stretti le donne, dicendo ch’è una vera sciocchezza la nostra il degnarsi di uscire alla luce da cotali demonii.

— Diavolo, capitano, e donde vorreste nascere? — gli chiesi.

— Dal Vesuvio, dall’Etna, dai gorghi tempestosi del mare! — egli mi rispose. — Non già da questi mostricciuoli armati di forza viperea, che si vendicano di averci fatto nascere col toglierci oncia ad oncia la vita!...

— Capitano, siete proprio infelice e pessimista in amore?...

— Lo credo io!... Con un’amante che mi ama e non mi ama; cioè mi ha amato o si è lasciata amare come vorrei io una settimana, ed ora vuol amarmi alla sua maniera, che è la più strana ed insopportabile della terra!!