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222 le confessioni d'un ottuagenario.

da voi tenuti sempre verso l’Aglaura, allora la certezza della vostra innocenza mi slargò il cuore, allora compiansi, maledii la mia stolta precipitazione, e giurai che non vi avrei lasciato passare una notte senza togliervi dal cuore il coltello ch’io vi aveva confitto!... Deh per carità, Carlo!... Aglaura, se mai col mio grande affetto meritai nulla da voi, compatitemi, perdonatemi, serbatemi se non altro un cantuccio nella vostra memoria... e se la mia presenza vi richiama qualche crucciosa rimembranza... allora... —

Io mi volsi tacitamente all’Aglaura, chè per me non mi sentiva da tanto di rimeritare la bella magnanimità di Spiro. Ella mi comprese, o comprese forse il proprio cuore: onde prese la mano del giovine, e mettendola nella mia, così com’eravamo uniti tutti e tre in una sola stretta, soggiunse:

— Basta, Spiro! Ecco la nostra risposta! Formeremo una sola famiglia!... —

Il resto della notte fu goduto in amichevoli e lieti conversari e nell’esaminare le carte recate da Spiro e lasciate dal padre suo a Venezia, dalle quali era comprovata evidentemente la nascita dell’Aglaura nell’ospitale di Venezia e dalla povera mia madre. Il nome del padre non appariva; e come ben potete figurarvi nessuno si sognò di notare questa spiacevolissima mancanza. Tirammo innanzi, come se appunto il padre fosse una comparsa superflua nel mistero della generazione; io sapeva abbastanza i non pochi disordini della buon’anima di mia madre nell’ultimo stadio di sua vita, li compativa anche, ma nè la pietà filiale, nè il rispetto di me medesimo e del nome paterno mi consigliavano di metterli in luce. Accettai dunque l’Aglaura per sorella di tutto cuore, ne ringraziai il cielo come d’un insperato e prezioso presente, e m’adoperai a tutt’uomo perchè il presente fosse reso più gradito a mille tanti col cambiare in parentela l’amicizia che mi univa a Spiro. Fu