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capitolo decimosesto. 215

avvisava di venire a Milano, perchè il cuor mel diceva che eravate qui. Quando, giunto a Bologna, alcuni veneziani rifugiatisi colà mi danno contezza di Emilio Tornoni che avea traversato quella città fuggendo da Milano con una signora, e diretto per Roma... Capite bene che non potea perder tempo a raffrontare scrupolosamente i connotati e le date. Le mie congetture così all’ingrosso ci stavano; mi volsi a precipizio verso Roma, e vi giunsi che la Repubblica era già proclamata!... Or bene sappiatelo, Aglaura!... Il vostro Emilio era un vile, un traditore; ve l’ho sempre detto e non volevate ascoltarmi... Egli vi tradiva per una nobile baldracca di Milano!... Egli tradiva i Veneziani pei francesi, tradiva questi e quelli per gli zecchini imperiali che il signor Venchieredo gli portava da Gorizia!... Egli non era corso a Roma che per tradire!... Colle commendatizie d’un reverendo Padre di Venezia s’era addentrato nelle grazie di qualche cardinale per espilare la buona fede del Papa, asserendosi amico influentissimo di Berthier. Ingannava intanto Berthier, trafugando a proprio utile gran parte dello spoglio di Roma. Il popolo sdegnato lo arrestò mentre comandava il saccheggio d’una chiesa: Francesi e Romani ne godettero. Fu solennemente impiccato in Campidoglio!... La sua ganza avea fatto vela il giorno prima per Ancona col suo amicissimo Ascanio Minato!... —

L’Aglaura diventava di tutti i colori, durante questa furibonda invettiva di Spiro. Quand’egli tacque, s’era già ricomposta alla solita gravità.

— Or bene — diss’ella guardando nel volto Spiro con occhio sicuro — or bene, la giustizia ha avuto effetto. Dio la serbò per sè, e non ha voluto ch’io me ne macchiassi le mani. Benedetta la clemenza di Dio!

— Ah! è proprio vero? — soggiunse Spiro amaramente, saettandomi delle sue occhiate sempre più truci e