Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/196

188 le confessioni d'un ottuagenario.

senza, e smania di riabbracciarsi presto. Rimasi strabiliato di quanto mi narrava. Sua eccellenza Navagero aveva mandato fuori di casa sua la cugina contessa; e questa era tornata col figlio, che aveva riacquistato il suo posto nella ragioneria. Il Venchieredo, padre, avea strepitato assai per la mia fuga; e gridato e tempestato che avrebbe posto il sequestro sopra tutti i miei beni; ma siccome null’altro avea trovato che una grama casuccia, così s’era calmato da quella febbre di zelo, ed anche la casa se’ l’erano dimenticata, e la Pisana continuava ad abitarvi. Sembra peraltro che le intercessioni di Raimondo avessero potuto molto a imporre qualche misura a cotali rappresaglie; perchè il destro giovinotto non s’era scordato affatto le civetterie della Pisana, e allora anzi pareva che vi ripensasse sul serio. Almeno io ne sospettai qualche cosa, per avermi essa scritto che un giorno impensatamente aveva ricevuto una visita della Doretta. Certo era opera di Raimondo, che per mezzo dell’amante cercava introdursi; la Doretta lo serviva ciecamente, libero poi a buttar via lo strumento quando ne avesse ottenuto lo scopo. La dimestichezza di questa genia colla Pisana non mi garbava nè punto nè poco; e deliberai di scrivergliene una paternale solenne, perchè badasse a tenersela lontana. Gli è vero ch’ella ci rideva e ci scherzava sopra, ma non si può preveder tutto; e con quel suo cervellino!... — Basta! pensava — facciano presto i Francesi a raccendere la miccia, se no io la vedo proprio brutta. Quella pazzerella vuole essere amata molto e molto davvicino per continuare ad amare; e questo esperimento della lontananza non vorrei prolungarlo di troppo. —

Altre due notizie molto mirabili erano il chiasso che menava ancora il Partistagno per la Clara, e l’insediamento del padre Pendola in un canonicato di san Marco. Il primo, fatto da poco capitano di cavalleria negli eserciti