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poi di carrettella in carrettella, di paese in paese, sguisciando fra le città e la montagna, giungere al Lago di Garda e farmi buttare da un battello sulla riva bresciana. Peraltro, prima di mettere ad effetto la prima parte di questo piano, chiesi con solennità alla donzella se veramente quel signor Emilio era il suo promesso sposo, e se ella aveva certe novelle ch’egli si trovasse infermo a Milano.

— Mi domanda se Emilio è il mio fidanzato? Non conoscete Emilio Torroni? — sclamò con gran sorpresa l’Aglaura. — Ma dunque Spiro non ve n’ha mai parlato?

— No, ch’io mi sappia, — risposi io.

— È cosa molto strana, — bisbigliò ella fra i denti. — Poi senza rompersi altro il capo, mi dichiarò in breve, come già prima che Spiro tornasse dalla Grecia, ove si era fermato quindici anni presso un suo Zio, ella era stata chiesta in isposa da Emilio, un bel giovine a sentir lei, e delle migliori famiglie dell’Istria, stabilito come ufficiale d’arsenale a Venezia. Il ritorno del fratello, e più alcuni dissesti di fortuna che lo avevano reso necessario, ritardarono sulle prime le nozze; poi sopraggiunta la rivoluzione avea lasciato tutto sospeso, finchè Emilio avea dovuto fuggire con tutti gli altri per la nefandità del trattato di Campoformio; ed ella continuava a protestarsi l’unica origine di questo guaio, come quella che avea riscaldato il capo ad Emilio, e distoltolo dalle sue occupazioni marinaresche, per mescolarlo nei baccanali di quell’effimera libertà. Io me le opposi, dimostrandole che un uomo è sempre responsabile delle proprie azioni, e suo danno se si lascia menar pel naso dalle donne. Ma l’Aglaura non volle rimettersi a quest’opinione, e persisteva nel ritenersi obbligata a raggiungere il suo fidanzato, per compensarlo in qualche maniera di ciò che gli faceva soffrire. Circa alla sua malattia, e al trovarsi egli in Milano non poteva dubitarne, perchè nell’ultima lettera le aveva fatto sapere ch’egli non si sa-