Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/179

fanno; saranno abbastanza tranquilli, se mi sapranno viva: ma è in riguardo a Spiro che non posso fare a meno d’inquietarmi!... Io conosco la sua indole fiera e precipitosa, il suo cuore che non soffre nè pazienza nè misura! Chi sa quale scompiglio ne potrebbe nascere! Ma spero che l’amore e il rispetto ai nostri comuni genitori gli farà tenere qualche riserbo. D’altro canto gli scriverò, lo metterò in quiete, e pregherò sempre il Cielo che mi conceda la grazia di riunirci. —

Così parlando, ella s’era già rimessa a camminare verso dove io era avviato prima che mi rivolgessi ad affrontarla, ed io pure spensatamente le procedeva del paro. Ma quando ella terminò il suo racconto io mi fermai su due piedi, dicendo.

— Aglaura, dove n’andiamo ora?

— A Milano dove andavate voi, — rispose ella.

Confesso che tanta sicurezza mi confuse, e mi rimasero in tasca inoperosi tutti gli argomenti che mi prefiggeva adoperare, per dissuaderla da quell’avventato disegno. Vidi che non c’era rimedio, e pensai involontariamente alle parole di mio padre, quando mi diceva che nella figliuola degli Apostulos io avrei trovato una sorella e che come tale l’avrei amata. Ch’egli fosse stato profeta? Pareva di sì; ad ogni modo io deliberai di non abbandonare la ragazza, di sorreggerla coi miei consigli, di seguirla sempre, di prestarle insomma quei fraterni ufficii che le venivano di diritto, per l’antica amicizia professata da mio padre al suo. Se non fratelli eravamo a questo modo un pochetto cugini; e così mi posi in quiete, decisi di regolarmi in seguito secondo le circostanze, e di non trascurar mezzo alcuno, che valesse a ricondurre l’Aglaura nel seno della propria famiglia. Intanto non cangiai per nulla il mio progetto, che era di tirar innanzi a piedi fino a un paesello lì presso; di guadagnar di colà il pedemonte con una carrettella, e così