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dola che avea condotto la bara, e il vivo che tornava non era allora più vivo del morto ch’era rimasto.

Rientrato in Venezia osservai un andirivieni di curiosità fra la gente del volgo, e un movimento maggiore del consueto nella guarnigione francese. Udii da taluno che erano giunti i commissari imperiali per disporre la cerimonia della consegna; li avevano veduti entrare al palazzo del Governo, e il popolo s’affollava per vederli ripassare. Non so per qual ragione mi fermai, ma credo che cercassi alla peggio un nuovo dolore che mi distraesse dal mio sbalordimento. Indi a poco i commissari uscirono infatti, con grande scalpore di sciabole e pompa di piume. Ridevano e parlavano forte cogli ufficiali francesi che gli accompagnavano; così scherzando e ridendo s’imbarcarono in una peota, fatta loro addobbare sontuosamente da Serrurier per ricondurli al campo. Uno solo si divise dai compagni per restare a Venezia; ed era nientemeno che il signore di Venchieredo. Mezz’ora dopo lo vidi ripassare in piazza a braccetto del padre Pendola, ma non aveva più nè sciabola nè piume, vestiva un abito nero alla francese. Raimondo e il Partistagno, ch’io vedeva allora a Venezia per la prima volta, li seguivano con un’aria di trionfo; l’accostarsi di quest’ultimo a simil razza di gente mi spiacque non poco; non tanto per lui quanto perchè era indizio del gran frutto che i furbi sapevan trarre dalla pieghevole natura degli ignoranti. La lama non pensa, ma è tuttavia strumento micidiale in un pugno ben sperimentato. Finii collo scappare a casa, perchè sentiva di non poter reggere più a lungo; e vi confesso che in quel momento era inetto affatto a qualunque forte deliberazione. Per quanto avessi udito bisbigliare di arresti, di condanne e di proscrizioni non mi poteva decidere a muovermi di colà. Era caduto in quello spensierato abbattimento, nel quale ci mancano i nervi e la volontà per saltare dalla finestra; ma un fulmine che ci col-