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la chiesa un’occhiata a mezz’aria, che sembrava, quasi misurare l’eccelsa altezza che lo divideva dal gregge dei vassalli. Il cancelliere, il fattore, il capitano, il portinajo, e persino la cameriera e la cuoca, assorbivano quel tanto che veniva loro di quella occhiata; ed abbassavano altre simili occhiate sopra la gente che occupava nella cappella un posto inferiore al loro: il capitano in quelle circostanze s’arricciava anche i mustacchi, e poneva romorosamente la mano sull’elsa della spada. Finite le funzioni tutti restavano col capo basso in gran raccoglimento, ma volti verso l’altare del Rosario se la funzione era stata sull’altar maggiore, o viceversa; finchè il signor conte si alzava, si spartiva dinanzi un bel tratto d’aria con un gran segno di croce, e rimessi in tasca il libro d’orazione, il fazzoletto e la scatola, moveva grave e isterito verso la pila dell’acqua santa. Là un nuovo segno di croce; e poi usciva dalla chiesa dopo aver salutato l’altar maggiore d’un lieve cenno col capo. Gli venivano dietro la contessa colle figlie, i parenti e gli ospiti che s’inchinavano un tantino più; indi i servi e gli officiali che piegavano un ginocchio, e poi i contadini e la gente del paese che li piegavano tutti e due. Adesso che il Signore ci sembra molto molto lontano, può anche sembrare ugualmente distante da tutte le classi sociali; come il sole, che non riscalda certamente più la cima che la base di un campanile. Ma allora ch’esso era tenuto abitare più vicino d’assai, le maggiori o minori distanze erano facilmente osservabili; e un feudatario gli si stimava tanto più vicino di tutti gli altri, da potersi anco permettere verso di lui qualche maggior grado di confidenza.

Di solito, mezz’ora innanzi la messa quotidiana, io era cercato per servirla a monsignore, il quale intendeva darmi con ciò un segno della sua speciale deferenza, a scapito dei figliuoli di Fulgenzio. Ma io che non mi sen-