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CAPITOLO SECONDO


Dove si sa finalmente chi io mi sia, s’incomincia a tratteggiare il mio temperamento, l’indole della contessa Pisana, e le abitudini dei signori Castellani di Fratta. Si dimostra di più, come le passioni degli uomini maturi si disegnino alla bella prima nei fanciulli, come io imparassi a compitare dal Piovano di Teglio, e la contessa Clara a sorridere dal signor Lucilio.


Il maggiore effetto, prodotto nei lettori dal Capitolo Primo, sarà stata la curiosità di saper finalmente chi fosse questo Carlino. Fu infatti un gran miracolo il mio od una giunteria solenne, di menarvi a zonzo per un intero capitolo della mia vita, parlandovi sempre di me, senza dir prima chi io mi sia. Ma bisognando pure dirvelo una volta o l’altra, sappiate adunque che io nacqui figliuolo ad una sorella della contessa di Fratta e perciò primo cugino delle contessine Clara e Pisana. Mia madre aveva fatto, com’io direi, un matrimonio di scappata coll’illustrissimo sig. Tedero Altoviti, gentiluomo di Torcello; cioè era fuggita con lui sopra una galera che andava in Levante, e a Corfù s’erano sposati. Ma parve che il gusto dei viaggi le passasse presto, perchè di lì a quattro mesi tornò senza marito, abbronzata dal sole di Smirne, e per di più incinta. Detto fatto, partorito che la ebbe mi mandò senza complimenti a Fratta in un canestro; e così divenni ospite della zia l’ottavo giorno dopo la mia nascita. Quanto gradito, ognuno lo può argomentare dal modo con cui ci capitava. Intanto mia madre, poveretta, espulsa da Venezia per istanza della famiglia, erasi acquartierata a Parma con un capitano svizzero; e di là tornata a Venezia per implorarvi la pietà di sua zia, la era morta allo spedale, senza che un cane andasse a chiedere di lei. Queste cose me le raccontava Mar-