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capitolo primo. 45

il lavoro alle cameriere, e il restante del suo tempo lo passava in un salotto colla suocera e le figlie, facendo calze e leggendo la Vita del Santo giornaliero.

La vecchia madre del conte, l’antica dama Badoera viveva ancora a quei tempi, ma io non la vidi che quattro o cinque volte, perchè la era confitta sopra una seggiola a rotella dalla vecchiaia, e a me era inibito entrare in altra camera che non fosse la mia ove dormivo allora colla seconda cameriera, o come la chiamavano, colla donna dei ragazzi. La contessa madre era una vecchia di quasi novant’anni piuttosto pingue, e d’una fisonomia dinotante il buon senso e la bontà. La sua voce, soave e tranquilla in onta all’età, aveva per me un tale incanto, che spesso arrischiava di buscar qualche schiaffo per andarla ad udire postandomi coll’orecchio alla serratura della sua porta. Una volta che la cameriera aperse la porta mentre io era in quella positura, ella s’accorse di me e mi fe’ cenno di avvicinarmi. Io credo che il mio cuore balzasse fuori del petto per la consolazione, quando essa mi mise la mano sul capo dimandandomi con severità, ma senza nessuna amarezza, che cosa io mi facessi dietro l’uscio. Io le risposi ingenuamente, ma tremolando per la commozione, che mi stava lì, contento di udirla parlare, e che la sua voce mi piaceva molto, e mi pareva che non dissimile l’avrei desiderata a mia madre.

— Bene, Carlino, mi rispose ella — io ti parlerò sempre con bontà finchè meriterai di essere ben trattato pei tuoi buoni portamenti; ma non istà bene a nessuno e meno che meno ai fanciulli origliare dietro le porte, e quando vuoi parlare con me, devi entrare in camera e sedermiti vicino, chè io t’insegnerò, come posso, a pregar Iddio e a diventare un buon figliuolo. —

Nell’udire queste cose, a me poveretto venivan giù le lagrime quattro a quattro per le guancie. Era la prima volta che mi parlavano col cuore; era la prima volta che mi si