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capitolo nono. 455

natura che davano tempo ad esser sanati. Peraltro io non fui l’ultimo a credere, che per tal operazione un signorino di ventiquattr’anni uscito allora allora di collegio (la contessa ve lo avrebbe lasciato fino a trenta senza la morte del marito) non era l’uomo più adatto. Basta! non sapeva che farci, e mi proposi solamente di tenerlo d’occhio per potergli giovare con qualche consiglio. Del resto mi ritirai nella Cancelleria, ove sostenuti i miei esami, divenni poco dopo cancelliere in formis. Giulio Del Ponte, non potendo più reggere al tormento della lontananza, avea seguito la Pisana a Venezia. Io rimasi solo soletto a consolarmi del bene che aveva fatto, a farne ancora quando poteva, a vivere di memorie, a sperar di meglio dal futuro, e a leggere di tanto in tanto i ricordi di Martino. Quella vita, se non felice, era tranquilla, utile, occupata. Io aveva la virtù di contentarmene.