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capitolo nono. | 443 |
passione la sua cera desolata per la brutta maniera con cui lo trattavi.
— Io trattarlo con brutta maniera?
— Caspita! non gli hai rivolto mai neppur un’occhiata!
— Oh bella! dovrebbe anche ringraziarmene! Se avessi continuato a lusingarlo avrebbe finito col disperarsi più tardi; meglio è separarsi da buoni amici ora finchè il male è sanabile.
— Sembra che questo male non sia tanto sanabile come tu credi. Forse tu non ci badi, ma egli ne soffre all’anima di vederti incapricciata del Venchieredo e noncurante di lui. La sua salute peggiora di giorno in giorno, ed io credo che la passione lo consumi.
— Cosa dunque mi consiglieresti di fare?
— Eh!... il consiglio è difficile; ma pur mi sembra che giacchè hai promesso di non maritarti col Venchieredo, dovresti romperla addirittura anche con questo.
— Per rappiccarla con Giulio? — m’interruppe maliziosamente la Pisana.
— Anche, se senti proprio di volergli bene, — risposi io con uno sforzo violento sopra me stesso. — Ma ad ogni modo separata che ti fossi da Raimondo egli si affliggerebbe meno, e chi sa che anche senza il rimedio dell’amor tuo non giunga a guarire.
La Pisana si raddrizzò accomodandosi i capelli sulla tempia e sorridendo accortamente. Ella credette che tutta quella mia manovra non tendesse ad altro che a liberare il campo da ambidue i pretendenti a mio totale benefizio.
— Si potrà provare, purchè tu mi aiuti; — ella soggiunse.
— Non so in che possa aiutarti — le risposi. — Ieri sera anche senza di me facevi benissimo i tuoi soliti vezzi al Venchieredo: e non hai mostrato di accorgerti