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442 le confessioni d’un ottuagenario.

— Dici davvero? hai sofferto per lui?

— Figurati!... io gli voleva un po’ bene ed egli si era ingalluzzito tanto, che s’era, credo, messo in capo di sposarmi. Ma già sai come sentano i miei su questo tasto del matrimonio. Sarebbe stata una replica di quella brutta commedia di Clara e di Lucilio; io ho dovuto metter giudizio anche per lui, gli ho parlato fuori dei denti, e per ridurlo meglio a ragione, ho preso a far meno la ritrosa con Raimondo. Lo crederesti che al signor Giulio andò a sangue questa mia ragionevolezza, egli che se mi voleva bene doveva appunto incoraggiarmivi?... Cominciò a fare il patito, il geloso, e ti confesso che in onta a tutto, mi faceva anche compassione; ma cosa doveva fare? seguitare ad ingannarlo e a menarlo di palo in frasca?... Fu meglio come ho pensato io, tagliare il male alla radice; la ruppi affatto con lui, e buona notte. Allora fu che si mise sotto Raimondo sul serio, e questo, ti dico la verità, mi conveniva come marito: ma mentre appunto che si bisbigliava da tutti d’una prossima domanda formale da parte sua, ecco capitarmi addosso Del Ponte cogli occhi fuori della testa; e a gridare che se avessi sposato Raimondo, si sarebbe ammazzato, e che so io! — Forse fui troppo credula, troppo buona, ma cosa vuoi! non ci penso troppo alle cose e questo è il mio difetto, tantochè per consolarlo, per quietarlo e più ancora per liberarmene, gli promisi che non avrei sposato Raimondo. E da ciò provenne che lo rifiutai, benchè, ti giuro, egli mi piacesse, e sentissi di fare un gran sacrifizio!... Questa è amicizia, mi pare! cosa dovea fare di più?

— Oh diavolo! — soggiunsi io. — Giulio non mi ha detto nulla di ciò!

— Come, tu gli hai parlato a Giulio! — sclamò la Pisana.

— Sì, gli ho parlato ieri sera, perchè mi faceva com-