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capitolo nono. 439

Allora solamente egli tacque, allora solamente io intravidi con ribrezzo la profonda disperazione di quell’anima, e la pietà stessa rimase stupita e paralitica. Era un martire dell’orgoglio, più ancora che dell’amore: e tuttavia non so quale interna pressura mi traeva a tentare ogni sacrifizio per cercar di salvarlo. Credo che amassi tanto la Pisana da credermi a parte perfino delle sue colpe e de’ suoi doveri di riparazione; fors’anco mirava in altrui quello che io stesso avrei potuto diventare, e la paura mi eccitava alla carità. Mi ricordai di aver udito il Del Ponte opporsi talvolta alla satirica miscredenza di Lucilio e di qualche altro nel crocchio del Senatore; laonde mi parve utile tentare anche questo mezzo.

— Giulio, tu almeno sei cristiano! — ripresi dopo un breve silenzio. — Puoi dunque chieder conforto a Dio e rassegnarti.

— Sì, infatti sono cristiano! — mi rispose egli — e mi rassegno, e ne do prova bastevole col non ammazzarmi.

— No; dicono che non basta; bisogna seguitare la pratica delle altre virtù cristiane, oltre la rassegnazione; bisogna essere caritatevoli agli altri ed a sè.

— Lo sono fin troppo; non ho ancora schiaffeggiato lei, non ho sbranato quel nobile liscio e cialtrone che mi opprime colla sua arroganza! Ti par poco?...

— Bada, Giulio, che la passione ti fa essere parziale verso te ed ingiusto verso gli altri. La Pisana è colpevole, ma il Venchieredo, per quanto...

— Non parlarmi di lui!... Per pietà non parlarmi di lui, perchè mi dimentico alle volte perfino i comandamenti di Dio!...

— Or dunque ti parlerò di me: vedi se la passione ti accieca sui tuoi doveri? Poco fa dovevi ringraziarmi e mi hai insultato!...