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382 | le confessioni d’un ottuagenario. |
avvertirmi ch’io era o il cugino o il servitore della Pisana. (Servitore, dico, perchè coi servi era il mio posto nel castello di Fratta.) In ambidue i casi non mi stava di appiccicarmi a lei colle pretese d’un amore contro l’ordine delle cose. Vediamo un poco: coll’amore dove si giunge, o dove si intende di giungere? Al matrimonio; questa è sicura: e io la sapeva e la vedeva tutti i giorni. Ma io! doveva io mai sperare di sposarmi colla Pisana?... Chi sa!... Zitto, desiderii chiacchieroni che correte incontro all’impossibile. Qui non si tratta di sapere se la tal cosa può avvenire in natura, ma se è solito che avvenga, e se contenterà quelli che ci hanno intorno le mani. Conveniva proprio ch’io confessassi che nè il matrimonio mio colla Pisana sarebbe stato secondo l’ordine consueto del mondo, e che nè il conte, nè la contessa, nè alcun altro, nè forse la Pisana stessa avrebbero avuto ragione di esserne contenti. Dunque? Dunque correndo dietro a quello stregamento io non batteva la buona via; correva pericolo di fuorviarmi lontano assai, e certo non era questa la strada di adempiere ai miei doveri di probità e di riconoscenza.
Ma se la Pisana mi amava?... Ecco un altro cavillo, un sotterfugio, una scusa del vizio inveterato, Carlino bello! Prima di tutto, se anche la Pisana ti amasse, sarebbe tuo dovere di fuggirla piucchemmai, perchè approfitteresti d’una sua leggerezza, d’un suo invasamento per contrapporla al desiderio dei parenti. E poi tu sei povero ed ella è ricca; non mi piace porgere appiglio a certe calunnie. E poi e poi ella non ti ama, e la questione è bella e sciolta... Come, come non la mi ama? come sarebbe a dire?... Sì, datti pace, Carlino! non la ti ama per nulla: non la ti ama con quell’impeto cieco, intero, perseverante che impedisce ogni considerazione, toglie ogni distanza e confonde anima ad anima. Non la ti ama; e tu lo sai bene, perchè di ciò appunto ti crucci e t’arrovelli tanto. Non la