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352 le confessioni d’un ottuagenario.

In fin dei conti, un mese dopo questi ragionamenti, la contessa colla Clara s’era già stabilita a Venezia nel palazzo Frumier presso i nipoti: ma finallora la dovea confessare di aver guadagnato ben poco sull’animo della figlia. A Fratta eravamo rimasti più contenti che mai, perchè il gatto era partito e i sorci ballavano.

Peraltro, a sfrondare nel loro fiore le lusinghe della contessa avvenne quello che non si sarebbe mai creduto. Lucilio, che l’avea tanto tirata in lungo colla sua laurea, si mise repentinamente in capo di volerla conseguire; e in onta alla opposizione del dottor Sperandio partì per Padova, vi fu fatto dottore, e poi, anzichè tornare a Fossalta, si fermò a Venezia dove attese ad esercitare la medicina. A Portogruaro si seppe una tal novità, quando già egli si avea procurata una clientela che lo scioglieva da ogni dipendenza famigliare. Figuratevi che imbroglio! Chi proponeva di farlo arrestare, chi voleva che la contessa e la Clara tornassero tosto, chi proponeva un’andata di tutti a Venezia per resistere alla audacia di lui. Ma non ne fu nulla. La contessa scrisse che non aveva paura, che la Clara pareva darsi sul serio alla vocazione monacale, e che del resto se avessero voluto cambiare paese, Lucilio colla sua professione di medico potea farle andare in capo al mondo.

Si limitarono dunque a pregare il Frumier che scrivesse a qualche suo collega del Consiglio dei Dieci, acciocchè il dottorino fosse tenuto d’occhio; al che si rispose che lo osservavano già notte e giorno, ma che non bisognava far chiassi perchè egli aveva voce di esser protetto da un segretario della Legazione francese, da un certo Jacob, che era a que’ giorni il vero ambasciatore, fidandosi principalmente in lui i caporioni della rivoluzione da Parigi. Il conte, udendo cotali cosaccie, faceva occhi di spiritato; ma il Frumier lo confortava a darsi animo, e a cercar invece di accontentare sua moglie, la quale semprepiù si lamentava della sua parsi-