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336 le confessioni d’un ottuagenario.

Il padre prese buon augurio da quella timidità, argomentando che come le avea strappato quel grazie, le avrebbe poi fatto dire e promettere ogni cosa che avrebbe voluto.

— Contessina, — riprese egli colla sua voce più melliflua; — la sua signora madre ha riposto in me qualche confidenza, e oggi sperava di udire da lei quanto il mio cuore desiderava da lungo tempo. In quella vece ella non mi ha dato che mezze parole; sembra che ella non abbia inteso i retti e santi divisamenti de’ suoi genitori; ma spero che quando io glie li abbia spiegati meglio, non avrà più ombra di dubbio nell’accettarli come comandati dal Signore.

— Parli pure; — soggiunse la Clara con fare modesto, ma tranquilla questa volta e sicura.

— Contessina, ella ha in mano il mezzo di ridare la gioja e la concordia non solo a due illustri famiglie, ma si può dire ad un intero territorio; e mi si vuol far credere che per altri scrupoli pietosi ella non voglia approfittarne. Mi permetterà ella di credere che non si interpretò bene la sua risposta, e che quello che parve irragionevole rifiuto e scandalosa ribellione, altro non fu che peritanza di pudore o impeto di troppa carità?

— Padre, io non so forse spiegarmi abbastanza, ma col ripetere le stesse cose molte volte, spero che alla fine mi capiranno. No, io non mi sento chiamata al matrimonio. Dio mi tragge per un’altra strada: sarei una cattivissima moglie, e posso continuare a vivere da figliuola dabbene; la mia coscienza mi comanda di attenermi a quest’ultimo partito.

— Ottimamente, contessina. Io non sarò certamente quello che vorrà condannarla di questo rispetto alle leggi della coscienza. Questo anzi raddoppia la stima ch’io aveva per lei, e mi fa sperare che in seguito ci raccosteremo nelle opinioni. Mi vuol ella permettere che, col mio umilis-