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332 le confessioni d’un ottuagenario.

gli sguardi più che il brioso gesticolare di quello. Allora mi confortai colla certezza che nessuno nè l’amava nè l’avrebbe amata al pari di me; e ogniqualvolta le avesse ricercato l’animo un vero desiderio di amore, viveva sicuro che la mi sarebbe volata fra le braccia. Stupido cinismo di accontentarmi a questa lusinga, ma un gradino dopo l’altro io ero disceso a tanto; e finii coll’ausarmi a quella vita di avvilimento, di servilità e di gelosie, per modo che io era già uomo snervato e disilluso, quando tutti mi credevano ancora un ragazzaccio rubusto e senza pensieri. Ma chi si dava cura di tener dietro alle passioncelle e ai romanzi della nostra adolescenza? — Ci giudicavano novelli affatto nella vita, che ne avevamo già fornita tutta l’orditura; e il compiere la trama è opera manuale alla quale siamo sospinti il più delle volte da forza ineluttabile e fatale.

Il padre Pendola, dopo aver riconfermato il giovine cavaliere nei propositi della sera prima, riferì alla contessa di Fratta l’ottimo risultato delle sue parole, tacendo, non è d’uopo nemmeno il dirlo, tuttociò che si riferiva alla Pisana. La signora volle quasi gettargli le braccia al collo, e lo ricompensò coll’assicurarlo che un suo semplice motto, lasciato cadere sullo stabilirsi di lui in casa Frumier, era stato accolto dal Senatore e dalla moglie con tal festosa premura, da augurarsene un pronto adempimento dei loro voti. — Ora poi, — disse la signora all’orecchio del reverendo, che si era seduto a tavola vicino a lei a dispetto del solito cerimoniale di casa; — ora poi lasci fare a me. Prima anche che la Clara sospetti di nulla, perchè già le ragazze devono essere condotte adagio entro queste faccende, io voglio che i miei eccellentissimi cognati sieno beati della sua compagnia.

— Povero Raimondo! — sospirò il padre fra un boccone e l’altro.

— Non lo compianga, — soggiunse ancor sottovoce la