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326 le confessioni d’un ottuagenario.

fettamente alle mire ch’io ho nel confidarvela. Questo, Raimondo, questo è quel vincolo spirituale che dipende dalla più intima parte del mio cuore, e che rimarrà sempre fra voi e vostra moglie! —

Raimondo, a questi schiarimenti del precettore, non si mostrò forse così malcontento come ne sarebbe rimasto tre mesi prima. Ma in quel momento giungevano al castello, e il colloquio restò sospeso fin dopo cena. Allora lo ripresero di comune accordo, perchè al giovane tardava l’ora di conoscere il nome della sposa, che nel cervello del padre Pendola gli veniva destinata.

— Raimondo, quel nome voi lo sapete! — disse con voce di dolce rimprovero il soavissimo padre; — io ve lo leggo negli occhi, e voi avete peccato di poca confidenza nel vostro unico amico, a non partecipargli il voto del vostro cuore.

— Che' sarebbe vero? Ella, padre, lo ha indovinato così presto?

— Sì, figliuol mio; tutto s’indovina quando si ama. E vi confesso che se la vostra ritenutezza mi afflisse, mi consolò assaissimo la buona scelta che vi venne fatta, e che non mancherà di infiorare la vostra vita di gioie imperiture...

— Oh padre! non è vero che è bella come un angelo!... Ha osservato, padre, che occhi e quali spalle!... Oh Dio mio, io non ho veduto mai spalle così tornite!

— Questi sono pregi fugaci, figliuol mio; sono ornamenti esteriori del vaso che poco contano, se non vi si contiene un aroma odoroso ed incorrotto. Io peraltro vi posso assicurare, che l’animo della contessina corrisponde appunto a quanto promettono le sue sembianze. Ella sarà veramente un angelo, come dicevate poco fa...

— Ma me la daranno poi, padre dilettissimo!... Consentiranno a darmela in isposa? Io ho tutta la fretta im-