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310 le confessioni d’un ottuagenario.

CAPITOLO SETTIMO.


Contiene il panegirico del Padre Pendola e del suo alunno. — Due matrimonii andati in fumo senza un perchè. — La Contessa Clara e sua madre si trapiantano a Venezia, dove le segue il dottor Lucilio, e diventa assai famigliare della Legazion Francese. — Perchè io mi stancassi della Pisana, e mi mettessi a vagheggiare tutto il bel sesso dei dintorni: perchè finissi col vagheggiare la Giurisprudenza all’Università di Padova, dove rimasi fino all’Agosto del 1792 odorando da lontano la Rivoluzione di Francia.


Le lusinghe della signora contessa pel collocamento della Clara parve sulla prime che non dovessero andar deluse. Tutti, si può dire, i giovani di Portogruaro e dei dintorni le morivano cogli occhi addosso; non avrebbe avuto che a scegliere, per esser subito impalmata da quello fra essi che meglio le fosse piaciuto. Primo di tutti il Partistagno la riguardava come cosa sua; anzi quando osservava che altri la contemplasse con troppa divozione, permetteva alla propria fisonomia certi atti di malcontento, che dichiaravano apertamente le intenzioni dell’animo. Nella sua entrata in casa Frumier erasi egli imprudentemente accostato al crocchio del padrone di casa; ma poi avea dovuto sloggiare, perchè non era tanto gonzo da non vedere la meschina figura che vi faceva. Allora avea preso posto fra due vecchie ed un monsignore ad un tavolino di tresette, e di là seguitava la antica usanza di onorare continuamente la Clara delle sue occhiate conquistatrici. Quest’abitudine non talentava gran fatto a’ suoi compagni di gioco; laonde a quel tavoliere era un eterno brontolio di richiami e di rimproveri. Ma il bel cavaliere restava imperturbabile; pagava le partite perdute, le faceva pagare al compagno, e non si scomponeva per nulla. Fortuna che era giovine e