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304 le confessioni d’un ottuagenario.

meno alla Clara che le diceva di fermarsi e di non esser così permalosa. La fanciulletta corse difilato nell’anticamera della Cancelleria dov’io aveva il mio studio, e rossa di sdegno e di vergogna mi saltò colle braccia al collo.

— Cos’è stato? — io sclamai gettando la penna, e alzandomi da sedere.

— Oh, me la pagherà il signor merlo!... sì che me la pagherà! — balbettava fremente la Pisana.

Io mi era svezzato dall’udirla adoperare questo soprannome, e non intendeva di chi la volesse parlare.

— Ma chi è questo signor merlo, cosa ti ha fatto? — le chiesi io.

— Eh!... il signor merlo di Fossalta, che vuole intricarsi de’ fatti miei, e interrogarmi, e correggermi, come se fossi una sua servetta!... E sì ch’io sono una contessa ed egli un cava-sangue, buono al più pei miserabili e pei villani! —

Io sorrisi per molte idee che mi traversarono il capo a quelle parole; e seppi poi più chiaramente la cagione precisa di quella grave ira. Intanto approfittai dell’opportunità per tirar la fanciulla ad altri schiarimenti.

— Sulle prime — le dissi — io non avea capito a chi tu volessi alludere con quel tuo signor merlo!... infatti era un gran pezzo che non chiamavi il signor Lucilio a questo modo.

— Hai ragione; — mi rispose la Pisana — gli era proprio un secolo. E guarda che stupida!... Ci fu anche un tempo ch’egli mi piaceva; e massimamente a Portogruaro, in casa della zia restava incantata a udirlo parlare. Caspita! come stavano mogi e attenti ad ascoltarlo tutti quegli altri signori! Io avrei dato non so che cosa per essere in lui a fare quella gran figura.

— Gli volevi proprio bene; — osservai io con un segreto tremore.