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capitolo sesto. 285

la fantasia della ragazza. — Ma son nuvole — diceva ella — nuvole che passano al primo soffio di vento! — Il soffio di vento sarebbe stata l’offerta d’un buon partito, e il comando dei parenti. Ma quanto ella conoscesse l’indole della Clara, e la somiglianza di questa colla propria, lo vedremo in seguito. Certo peraltro il riservato contegno di Lucilio giovò ad addormentarla nella sua comoda sicurezza; e se le si fosse lasciato veder ben a fondo nelle cose, forse che ella non avrebbe creduto così facilmente alla docile fuggevolezza di quelle nuvole, e sarebbe giunta a privarsi delle ultime delizie che le rimanevano, per togliere nei due giovani i primi fondamenti a quei castelli in aria affatto impossibili. Ma restando le cose come erano, ella godeva di potersi fidare nella discrezione e nel queto temperamento di Clara, e di dire anco fra sè, quando costei usciva dalla stanza per far lume a Lucilio: — Oh il giovane prudente e dabbene! Non si direbbe che egli ha paura di alzar gli occhi perchè non si creda che gli stia a cuore mia nipote? Se li alza gli è solamente per guardar me, e alla sua età!! Basta! è veramente miracoloso! —

Ma Lucilio aveva altri momenti, per lasciar l’anima sua spiccare il volo a sua posta; e in quei momenti, bisogna confessarlo, quei suoi occhi così discreti e dabbene commettevano non pochi peccati di infedeltà a danno della nonna. In tinello, quando tutti giocavano ed egli sembrava attentissimo a sorvegliare il tresette di monsignore, o intento ad accarezzare Marocco, il cane del capitano, tra lui e la Clara era un dialogo continuo d’occhiate, che faceva l’effetto d’una voce angelica la quale cantasse nel cuore, mentre ci ferisce l’orecchio un tumulto di campane rotte. Oh cari e sempre cari quei divini concenti che beatificano le anime, senza incomodare il rozzo tamburo dei timpani! La religione delle cose insensibili e quella delle eterne si sposano nella mente, come il calore