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280 | le confessioni d’un ottuagenario. |
mene bene. Qui per esempio scrissi buontemponi, per significar coloro che fanno lor pro della vita come la porta il caso; pigliando così da essa come dalla filosofia la parte allegra e godibile. Del resto se per buontempone s’intende un ozioso, un gaudente materiale, nessuno di quei signori era tale. Tutti avevano le loro occupazioni, tutti davano all’anima la sua parte di piaceri; soltanto li pigliavano per piaceri, non per obblighi e vantaggi morali. D’accordo sempre che spiritoso e spirituale sono epiteti più contrari che sinonimi.
I signori di Fratta, liberati finalmente da quello spauracchio del Venchieredo, s’erano rimessi alla solita vita. Il cappellano avea serbato la sua cura, e non cessava dall’accogliere in casa almeno una volta al mese il suo vecchio amico e penitente, lo Spaccafumo. Il conte e il cancelliere chiudevano un occhio; il Piovano di Teglio gliene faceva qualche ramanzina. Ma lo sparuto pretucolo, che non poteva balbettar risposta alle intemerate d’un superiore, sapeva imbeversene ottimamente e seguitar a suo modo non appena il superiore avesse voltato le spalle. Intanto per ragioni d’ufficio e di vicinanza il dottor Natalino di Venchieredo s’era accostato al conte ed al cancelliere di Fratta. Il signor Lucilio, amicissimo di Leopardo Provedoni, avea fatto conoscenza con sua moglie; e così un passo dopo l’altro anche la vispa Doretta comparve qualche volta alle veglie del castello. Ma oggimai due sere per settimana c’era ben altro che veglia! Si doveva andarne a passar la sera a Portogruaro nella conversazione di sua eccellenza Frumier. Impresa pericolosissima con quelle strade che c’erano allora; ma pur la contessa ci teneva tanto di non mostrarsi dammeno della cognata, che trovò coraggio di tentarla. Una delle figliuole era già da marito, l’altra cresceva su come la mala erba; la prima intinta appena, la seconda vergine affatto di qualunque educazione, bisognava condurle nel mondo perchè