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ippolito nievo. | xvii |
Molti gli avean splendidi calli, e spinto
Da foga giovanile, Ei discorreva
Da questo a quel, ma inesplorato forse
Quell’un rimase, che immortai n’avrebbe
235Fatto il bel nome!...
IX.
(1867.)
Ippolito, perdona!
Il volume sublime erami ignoto,
Ove del core le battaglie e gli estri
Divini del pensier depositasti.
240Qual saluto e conforto a noi disceso
Per tua pietà da più giocondi cieli,
Queste pagine accolsi, e poi che in esse
Molta luce del tuo fervido ingegno
Trovai riflessa, Ippolito, perdona!
245Meno anche acerba m’apparì la morte
Che immatura ti colse. E a qual poteva
Monumento miglior raccomandarsi
Il tuo nome diletto? Oh dì, fu il voto
Ultimo tuo, ch’ove negasse il fato
250Che la patria redenta un giorno solo
Contemplar non dovessi, almen nel giorno
Della sua libertà pòrto le fosse
Questo dono supremo? — Ecco si compie
Il desio generoso, e in ogni parte
255Della bella contrada, a mille a mille
Palpiteranno i cor dei sacri affetti
Che qui significasti. — Un pio legame
D’amor, di glorie e di dolor, ne stringe
Dall’Alpi al mare. Oh non temer che indarno