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capitolo quinto. 225

sare qui la contessina?... Credo che non sospetterete già ch’ella porti qualche contrabbando!

— Illustrissimo, noi non sospettiamo niente, — rispose lo sgherro — ma se anche potessimo chiudere un occhio e lasciarli passare, quei del castello sono di diverso parere. Essi hanno buttato a terra tutti e due i ponti e la contessina non potrebbe entrare che camminando sull’acqua come san Pietro.

— Ohimè! ma dunque il pericolo è proprio grave! — sclamò tramortendo la Clara.

— Eh nulla! un timor panico! me lo figuro! rispose Lucilio — E voltosi ancora allo sgherro.

— Dov’è il vostro capo di Cento? domandò.

— Lustrissimo, è all’osteria che beve del migliore mentre noi facciamo la guardia ai pipistrelli; — rispose il malandrino.

— Va bene: spero che non ci negherete di accompagnarci all’osteria per abboccarci con lui: soggiunse Lucilio.

— Ma! non abbiamo ordini in proposito; ripigliò l’altro. — Tuttavia mi pare che si potrebbe, massime se vostra signoria volesse pagarne un bicchiere.

— Animo dunque, e vieni con noi! — disse Lucilio.

Lo sbirro si volse al suo compagno, raccomandandogli di stare alla posta e di non addormentarsi; raccomandazioni udite con pochissimo conforto da colui che dovea restarsene a mangiar la nebbia, mentre l’altro aveva in prospettiva un boccaletto di cividino. Tuttavia si rassegnò borbottando; e Lucilio e la Clara preceduti dalla cernida mossero di bel nuovo verso il paese. Questa volta i due guardiani li lasciarono passare, e in breve furono all’osteria, dove strepitava una tal gazzarra che pareva più un carnovale che una caccia di contrabbandi. Infatti Gaetano, dopo aver inaffiato le gole de’ suoi, aveva cominciato a porgere il