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212 le confessioni d’un ottuagenario.

prese il fattore; — ma qui il Carlino potrebbe trarsi d’impaccio a meraviglia. N’è vero, signora contessa, che la pensata è buona?

— In difetto di meglio non dico di no; — rispose la signora. — Già qui dentro un fanciullo di poco aiuto ci vorrebbe essere, e fuori invece non darebbe sospetto e potrebbe mettere il naso in ogni luogo. Così anche l’esser malizioso e petulante come il demonio gli avrà giovato una volta.

— Ma voglio andar fuori anch’io! anch’io voglio andar in traccia della Clara! — si mise a strillare la Pisana.

— Lei, signorina, andrà a letto sul momento, — riprese la contessa; e fece un cenno alla Faustina perché il comando avesse effetto tantosto.

Allora fu una piccola battaglia di urli, di graffiate, di morsi; ma la cameriera la vinse e la disperatella fu menata bellamente a dormire.

— Cosa devo poi rispondere alla contessa vecchia in quanto alla contessina Clara? — domandò la donna nell’andarsene colla Pisana che le strepitava fra le braccia.

— Ditele che è perduta, che non la si trova, che tornerà domani! — rispose la contessa.

— Sarebbe meglio darle ad intendere che sua zia di Cisterna è venuta a prenderla, se è lecito il consiglio, — soggiunse il fattore.

— Sì, sì! datele ad intendere qualche fandonia! — sclamò la signora. — Che non la pensi di farci disperare, chè dei crucci ne abbiamo anche troppi.

La Faustina se n’andò, e s’udirono i pianti della Pisana dileguarsi lungo il corridoio.

— Ora a noi, serpentello, — mi disse il fattore prendendomi garbatamente per un orecchio. — Sentiamo cosa sarai buono di farci una volta uscito dal castello?

— Io?... io prenderò un giro per la campagna, — sog-