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IPPOLITO NIEVO.

(1861)





I.


Alla nova funesta indarno il core
Si ribella gemendo! Ogni speranza
Dilegua innanzi al pauroso vero
Dei compiuti destini. — È morto, è morto
5Agli umani dolori, ai gaudi umani,
Ei che tanti educava incliti sensi
Entro il petto magnanimo. Lo spirto
Tornò rapido al cielo, e il mar ci niega
Perfin la salma che vestì — perfino
10Sul cener suo pregar n’è tolto, come
Dato è pregar sovra ogni estinto!...
Or solo
Di Lui ne resta il nome e il canto... Oh il canto!
Che non poss’io disciorne un che all’altezza
Tocchi di quella mente?... Io vedrei lieta
15Languir dopo la mesta opra lo scarso
Ingegno mio, sol che non fosse impàri
All’arduo incarco che il dolor gl’impone.
Ma qual su tela alcuna, alcun pennello
Non seppe nè saprà ritrar la furia
20Dell’uragan, così l’arte dei carmi