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capitolo terzo. | 125 |
il cortile dinanzi alla cancelleria. Egli è molto dabbene con me, e molte volte mi conduce a veder le ruote dell’orologio, insieme alla Pisana che è proprio la figliuola della signora contessa.
— Monsignor di Sant’Andrea ci viene spesso a trovarvi? — mi domandò ancora con una risata.
— Gli è il confessore della signora contessa; — diss’io — ma è un pezzo che non lo vedo, perchè ora che ho incominciato a vedere il mondo, sto in cucina meno che posso.
— Bravo! bravo! la cucina è pei canonici — continuò egli. — Adesso puoi scendere, scoiattolo; chè siamo a Fratta. Tu sei il più buon cavalcatore del territorio, me ne congratulo con te!
— S’immagini! soggiunsi saltando a terra — ci andava sempre a cavallo io dietro a Marchetto!
— Ah sei tu quel pappagallo che gli stava dietro anni sono — riprese colui ridendo. — Prendi, prendi; aggiunse dandomi una buona impalmata sulla nuca — dagliela per mio conto al cavallante questa focaccia; ma giacchè sei suo amico, non dirgli che mi hai veduto da queste parti: non dirglielo, nè a lui, nè a nessuno, sai! —
In ciò dire l’uomo della gran barba spinse il suo cavallo alla carriera per una straducola che mena a Ramuscello, ed io restai là a udire colla bocca aperta lo scalpitar del galoppo. E quando il rumore si fu dileguato girai intorno alle fosse, e sul ponte del castello vidi Germano che guardava intorno come se aspettasse qualcuno.
— Ah birbone! ah scellerato! andare a zonzo di queste ore! tornar a casa così tardi! — Chi te ne ha insegnate di tanto belle? — Ora te la darò io!! —
Cotal fu l’intemerata con cui Germano mi accolse; ma la parte più calorosa dell’orazione non posso tradurla in parole. Il buon Germano mi menò avanti a sculacciate,