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118 le confessioni d’un ottuagenario.


zino che era troppo antico di senno per esser forte di gambe. Così tutte le cose m’erano tornate nuove ed inusitate; e non solamente i mulini e i mugnai, ma i pescatori colle loro reti, i contadini coll’aratro, i pastori colle capre e colle pecore, tutto tutto mi dava materia di stupore e di diletto. Finalmente venne un giorno ch’io credetti perder la testa od esser caduto nella luna, tanto mi sembrarono meravigliose ed incredibili le cose che ebbi sott’occhio. Voglio raccontarle, perchè quella passeggiata mi votò forse per sempre a quella religione semplice e poetica della natura, che mi ha poi consolato d’ogni tristizia umana colla dolce e immanchevole placidità delle sue gioie.

Un dopopranzo capitò alla Pisana la visita di tre suoi cuginetti, figliuoli d’una sorella del conte maritata ad un castellano dell’alta. (Egli ne aveva un’altra delle sorelle, accasata splendidamente a Venezia, ma le sono persone che incontreremo piú tardi). Quel dopopranzo adunque la mi fece tanti dispetti, e mi offerse con tanta barbarie allo scherno dei cugini, ch’io me la svignai arrabbiatissimo, desideroso di mettere fra me e lei quella maggiore distanza che mi fosse stata possibile. Uscii dunque pel ponticello delle scuderie, e via a gambe traverso a seminati, colla vergogna e la stizza che mi cacciavano da tergo. E cammina cammina, cogli occhi nella punta dei piedi senza badare a nulla, ecco che quando caso volle che gli alzassi, mi vidi in un luogo a me affatto sconosciuto. Stetti un momento senza poter pensare, o meglio senza poter disvincolarmi da quei pensieri che m’avevano martellato fino allora.

— Possibile! — pensai quando giunsi a distogliermene — Possibile che abbia camminato tanto! — Infatti era ben certo che il sito dove mi trovava non apparteneva alla solita cerchia delle mie scorrerie: spanna per spanna tutto il territorio che si stendeva per due miglia dietro il castello io l’avrei ravvisato senza tema d’errore. Quel sito invece