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ii | cenni biografici d’ippolito nievo. |
rivoluzionari, e per fargli apprendere, nello stesso tempo, alle vive sue fonti la lingua nativa, lo inviarono a proseguire in Pisa il corso dei filosofici studi.
Se non che quando, poco più tardi, gli Austriaci invasero la Toscana, egli, non più trattenuto dalla presenza e dal consiglio de’ suoi più cari, corse da Pisa a Livorno, dove apprestavasi una gagliarda benchè vana resistenza allo straniero, e nella breve ma sanguinosa lotta cui volle prender parte, diede prima e bella prova di quell’indomito coraggio, che doveva sì largamente rifulgere nelle future battaglie dell’indipendenza italiana.
Caduta anche Livorno, egli riesciva a sottrarsi ai vincitori con l’intendimento di recarsi a Roma, dove tuttavia sventolava la patria bandiera; e non fu che a grave fatica e quasi usando della forza, che un amico della di lui famiglia (chiedendo ed ottenendo in suo nome, ma a di lui insaputa, un passaporto austriaco) riesciva a rimandarlo ai parenti. Nè devesi maravigliare che l’Austria concedesse al Nievo il libero ripatrio, ove si pensi che se quel governo avesse voluto esiliare, imprigionare od uccidere tutti i veneti ribelli, non avrebbe in quel tempo dominato che sopra un deserto.
I genitori d’Ippolito, cui non pareva vero rivederselo sano e salvo, per preservarlo da nuovi perigli lo inviarono allora a Revere, tranquillo paese del Mantovano, dove finalmente egli compì il corso liceale. Reduce a Mantova nelle autunnali vacanze, la trovò fatta centro alle cospirazioni mazziniane, alle quali egli pure cooperò con tutte le forze della mente e del cuore, talchè fu miracolo, dovuto più che ad altro alla onesta condotta dei complici carcerati, che potesse sfuggire