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94 | leone tolstoi |
basso. Ancora un movimento, e nulla più mi tratterrà!...
Ed ecco ciò che mi viene in mente: No, è impossibile che sia vero; è un sogno; svegliati. Cerco di svegliarmi, ma non posso. Che fare, che fare? mi domando, e guardo in alto. In alto pure c’è l’abisso. Guardo quest’abisso celeste e mi sforzo di dimenticar l’altro; vi riesco; l’infinito del basso mi respinge e mi terrorizza, l’infinito dell’alto m’attira e mi riconforta. Resto sospeso sopra l’abisso, sull’ultima cinghia, lo so, ma guardo solo in alto e la mia paura scompare. Come avviene sovente nei sogni, una voce qualunque mi dice: Attento, è questo! Affondo lo sguardo sempre più lontano nell’infinito dell’alto e mi sento divenir calmo. Ricordo tutto ciò che era, ricordo come tutto è avvenuto, come ho mosso i piedi, come fui sospeso, come rimasi terrorizzato e come son sfuggito all’orrore guardando al disopra del mio capo. E mi domando: Ebbene! ora, perchè son sospeso come prima? Non guardo intorno a me, ma sento con tutto il corpo il punto d’appoggio su cui mi tengo e vedo che non son più sospeso, che non cado, ma che mi tengo solidamente. Mi chiedo in che modo mi tenga, mi tocco, mi guardo in giro e vedo che v’è sotto di me, proprio nel mezzo del mio corpo, una cinghia; guardando in alto, mi trovo coricato su di essa nel più stabile equilibrio e m’accorgo che fin da prima essa sola mi teneva. Come succede nel sonno, il meccanismo che mi sostiene mi sembra assai naturale, comprensibile, indiscutibile, quantunque in realtà questo meccanismo non abbia il minimo senso comune. In sogno mi stupisco perfino di non averlo capito subito; inoltre, là, vicino alla mia testa, si trova un’antenna di in-