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le confessioni 91

zione, esame che avevo tanto temuto fino a quel giorno.

Mi rivolsi dunque allo studio di questa stessa teologia che altra volta avevo respinto con disprezzo, come inutile. Allora essa mi pareva essere solo una serie di assurdità; allora da ogni parte ero circondato dai fenomeni della vita, che mi parevano chiari e pieni di senso, mentre ora sarei stato contento di respingere ciò che non rientrava nel mio cervello sano. Ma non sapevo dove andare. Su questa dottrina religiosa è basata, o almeno legata indissolubilmente, l’unica conoscenza del senso della vita che mi sia stata rivelata. Per quanto ciò sembri bizzarro alla mia vecchia e ferma ragione, è l’unica speranza di esser salvato. Bisogna esaminarla prudentemente e con attenzione per comprenderla molto meno bene di quanto comprendessi le proposizioni scientifiche. Non tento e non posso tentare di comprenderla altrettanto perfettamente, sapendo la bizzarria della scienza della religione. Non cercherò la spiegazione di tutto, poichè so che la spiegazione di tutto, come il principio di tutto, deve nascondersi nell’infinito. Ma voglio comprendere in modo tale da esser condotto a ciò che è inevitabile e inesprimibile. Voglio che tutto ciò che è inesprimibile rimanga tale, non perchè le esigenze del mio spirito sono ingiustificate (sono giustificare e non posso comprendere nulla all’infuori di esse), ma perchè vedo i limiti della mia ragione. Voglio comprendere in modo tale che ogni proposizione inspiegabile mi appaia come una necessità della mia stessa ragione e non come un’obbligazione di credere.

È innegabile che la verità sia nella dottrina, ma è anche indiscutibile che questa racchiuda