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80 | leone tolstoi |
spiegare, il più ragionevolmente possibile, quei principî della Chiesa, di fronte ai quali mi trovavo.
Compiendo le cerimonie della Chiesa, dominavo la mia ragione, mi sottomettevo alla tradizione di tutta l’umanità, mi univo ai miei antenati, a coloro che amavo, a mio padre, a mia madre, ai miei avi e alle mie ave. Essi, e tutti quelli che avevan vissuto prima, credevano e vivevano e m’avevan generato. Mi univo anche a tutti quei milioni di uomini del popolo che stimavo. Di più, queste azioni non avevano nulla di cattivo in sè. Trovavo cattivo d’esser schiavo delle proprie passioni.
Alzandomi al mattino presto per andare alle funzioni, sapevo di far bene per questo solo che, per umiliare l’orgoglio del mio spirito e per avvicinarmi ai miei antenati e ai miei contemporanei, in nome della ricerca del senso della vita, sacrificavo il mio benessere fisico.
E così durante le divozioni, durante la lettura quotidiana delle preghiere con le genuflessioni, durante l’osservanza di tutte le quaresime. Questi sacrifici, per piccoli che fossero, pure eran compiuti in nome del bene. Facevo le mie divozioni, digiunavo, osservavo tutte le preghiere tanto a casa come in chiesa. Durante il servizio religioso, mi attaccavo ad ogni parola e le attribuivo un senso, quando potevo. Alla Messa le parole più importanti per me, erano: «Amiamoci l’un l’altro e siamo uniti in una stessa fede». Quanto alle parole: «Confessiamo il Padre, il Figliuolo e lo Spirito Santo», io le trascuravo, perchè non potevo comprenderle.