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le confessioni | 77 |
legate indissolubilmente molte cose che mi urtavano e mi parevano incomprensibili: i sacramenti, le cerimonie religiose, le quaresime, l’adorazione delle reliquie e delle immagini.
Il popolo non può separar queste cose l’una dall’altra, ed io pure non lo potevo. Per quanto strana fosse per me una buona parte di ciò che costituiva la religione del popolo, io accettai tutto; seguii gli uffici, recitai la mia preghiera il mattino e la sera, digiunai, feci le mie devozioni e, in principio, la mia intelligenza non vi si oppose. Ciò che una volta mi pareva impossibile, non eccitava più in me resistenza alcuna.
Il mio modo di considerare la fede era ora ben diverso da ciò che fosse altra volta. Prima la vita stessa mi pareva piena di senso, e la fede un’affermazione arbitraria di alcuni argomenti completamente inutili, irragionevoli e indipendenti dalla vita. M’ero chiesto allora qual fosse il senso di questi argomenti; poi, avendo acquistato la convinzione che non ne avevano, li avevo respinti. Ora, al contrario, sapevo senza alcun dubbio che la mia vita non aveva e non poteva avere senso alcuno, e gli argomenti della fede, non solo non mi parevano più inutili, ma, per un’esperienza indiscutibile, ero condotto alla convinzione ch’essi soli dessero il senso della vita. Prima li consideravo come un gergo incomprensibile, assolutamente inutile, ora, al contrario, se non li comprendevo, mi dicevo che avevano un senso e che bisognava imparare a comprenderli. Facevo il ragionamento seguente.
Mi dicevo: la conoscenza della fede prende la sua sorgente, come tutta l’intelligenza umana, in un’origine misteriosa. Questa origine è Dio,