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scienze, le nostre arti, tutto questo mi apparve sotto una nuova luce. Compresi che tutte queste cose non erano che passatempi ai quali non bisogna cercare un senso. E la vita del popolo lavoratore, di tutta l’umanità che sostiene la vita, mi si presentò nel suo vero significato. Compresi ch’era la vita stessa e che il senso attribuito a questa vita era la verità. E l’accettai.


XI.


Ricordando come queste stesse credenze mi ripugnavano e mi parevano stupide quando erano confessate da gente che viveva contrariamente ad esse, e come esse m’attiravano e mi sembravano ragionevoli quando le vedevo come fondamento della vita degli uomini, compresi perchè avessi allora respinto queste credenze, perchè le avessi trovate assurde, mentre ora le accettavo e le trovavo così ragionevoli. Compresi che m’ero smarrito e in qual modo. M’ero smarrito, non per aver giudicato falsamente, ma per aver vissuto male. Compresi che la verità m’era stata celata meno dall’errore del mio pensiero che dalla mia vita stessa ch’io avevo posta in condizioni esclusivamente epicuree: la soddisfazione della carne. Compresi che la mia domanda: «Che cos’è la vita?» e la risposta: «il male», erano perfettamente corrette. Era soltanto inesatto di accordare alla vita in genere una risposta che si accordava soltanto a me. Mi domandavo che fosse la mia vita, e ricevevo per risposta: un male, una stoltezza.

E infatti la mia vita, una vita di piaceri e di