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credenti della nostra società erano per loro assolutamente inutili, non importavano alla loro vita, erano solo una specie di divertimento epicureo, mentre le superstizioni dei credenti che appartenevano al popolo lavoratore erano così intimamente legate alla loro vita che non era possibile immaginarsela senza queste superstizioni. Esse erano le condizioni stesse di questa vita. Tutta la vita dei credenti della nostra classe era in opposizione con la loro fede, mentre tutta la vita dei credenti che appartenevano al popolo era la conferma di questo senso della vita dato dalla fede.

Mi misi dunque a studiare la vita e la fede di questi uomini.

Più li osservavo e più ero convinto ch’essi possedessero la fede vera, che questa fede fosse loro necessaria, che essa sola desse loro il senso e la possibilità della vita. Contrariamente a ciò che vedevo nel nostro ambiente, dove la vita è possibile senza la fede, dove uno solo su mille si confessa credente, fra di loro v’era forse un solo incredulo contro migliaia di credenti. Contrariamente a ciò che vedevo nel nostro ambiente, dove tutta l’esistenza trascorre nell’ozio, nei piaceri e nella scontentezza della vita, vedevo che tutta la vita di quegli uomini trascorreva in un duro lavoro, e che pure essi erano contenti di vivere.

Contrariamente agli uomini della nostra società che lottavano e protestavano contro la sorte, per causa delle privazioni e delle sofferenze, gli altri accettavano la malattia e il dolore senza stupirsene, senza ribellarsi, ma con una fiducia ferma e tranquilla che tutto ciò fosse bene. Contrariamente al fatto che più siamo intelligenti e meno comprendiamo il senso della