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gendo costantemente una soluzione, io mi contentai delle parvenze di risposta che dà la scienza.

A volte nel dominio delle scienze sperimentali, mi dicevo: «Tutto si sviluppa, si differenzia, ascende verso la complessità ed il perfezionamento, e vi sono delle leggi che guidano questa ascensione. Tu sei una parte del tutto. Avendo compreso il tutto in quanto è possibile e la legge dello svolgimento, comprenderai anche il tuo posto in questo tutto e comprenderai te stesso.» Per vergognosa che sia questa confessione, vi fu un tempo in cui questa risposta sembrava soddisfarmi; era il tempo in cui io stesso mi svolgevo e mi complicavo. I miei muscoli s’ingrossavano e si rinforzavano, la mia memoria si arricchiva, la capacità di pensiero e di comprensione aumentava. Crescevo e mi sviluppavo e, fin che durava in me questo sviluppo, era naturale per me di pensar che era questa la legge universale che mi darebbe la soluzione ai problemi della vita. Ma, trascorso il tempo necessario, il mio sviluppo s’arresta; sento che non mi sviluppo più, ma piuttosto deperisco: i miei muscoli s’indeboliscono, i denti cadono. M’accorgo allora che quella legge non solo non mi spiegava nulla, ma non era mai esistita e non poteva esistere; avevo preso per legge ciò che avevo trovato in certi periodi della mia vita. Esaminai più severamente la definizione di questa legge e compresi chiaramente che una legge di svolgimento infinito non può esistere; compresi chiaramente che dire: tutto si svolge, si perfeziona, si complica, si differenzia nello spazio e nel tempo infiniti, non vuol dire assolutamente nulla. Sono delle parole prive di significato, poichè nell’infinito