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le confessioni | 15 |
III.
Vissi così, tutto preso da questa follia, per sei anni, fino al mio matrimonio. In questo tempo partii per l’estero. La Vita in Europa e i miei rapporti con gli uomini progrediti e coi sapienti europei, mi affermarono sempre più in quella credenza nel perfezionamento in genere, ch’era stata la mia e che ritrovavo presso di loro.
Questa credenza prese me la forma solita, quella che prende presso la maggioranza delle persone colte nel nostro tempo; essa si esprimeva con la parola: «progresso». Mi pareva allora che questa parola esprimesse qualche cosa, non comprendevo ancora che, tormentato, come tutti gli uomini che pensano, da questa domanda: Come devo vivere per vivere il meglio possibile? rispondendovi: Vivere d’accordo col progresso, rispondevo esattamente come un uomo la cui barca fosse in balìa delle onde, e che, a questa domanda essenziale ed unica per lui: «Dove bisogna dirigersi?» rispondesse indirettamente: «Le onde mi portano laggiù».
Allora non notavo questo.
A volte, raramente, il sentimento, anzichè la ragione, si ribellava in me contro questa superstizione generale del nostro tempo, in grazia della quale gli uomini nascondono a se stessi la loro incomprensione della vita. Così, durante il mio soggiorno a Parigi, l’aver assistito ad una esecuzione capitale, mi mostrò la fragilità della mia fiducia nel progresso; quando vidi la testa staccarsi dal corpo e, separatamente, cader nel